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Furie: Intervista a Alice Menaballi

Alice MenaballiNella prima giornata di campionato le Furie hanno ottenuto un record speciale segnando il primo touchdown della storia. L’onore di finalizzare il gioco offensivo e valicare per la prima volta la end zone avversaria è toccato ad Alice, fullback delle Furie.
Alice guida la moto da prima dei 14 anni e studia ingegneria aerospaziale a torino, in settimana da’ ripetizioni (un lavoro difficile perché i suoi allievi la tartassano con domande sul football) e si allena: con i Centurions in Alessandria, con le Furie a Milano e da sola in piscina. Nel weekend la potete trovare dietro il bancone del Mephisto Rock Cafè, un locale rock/metal. Lo scorso anno un serio infortunio l’ha costretta a saltare i due bowl amichevoli ma ha sempre seguito le ragazze e ha fatto l’impossibile per essere in campo alla prima di campionato.
Una ragazza speciale? Si, come tutte le Furie…

USD – Alice quando hai deciso di giocare a football?
AM – Conoscevo la squadra maschile di Alessandria i Centurions ma studiando a Torino non avevo modo di allenarmi così ho suggerito l’idea a mio fratello minore: Erik, che ora ha 21 anni e gioca con loro da quando ne aveva 16, intanto cercavo sempre di seguire le sue partite e la passione nasceva…
Tre anni fa proprio Erik mi ha proposto di entrare nella squadra di flag football, da lì mi sono avvicinata molto al team partecipando attivamente ai progetti riguardanti il flag. La passione cresceva ma mi mancava qualcosa. Ho iniziato a partecipare a tutti gli allenamenti inizialmente senza contatto e gli altri mi hanno accettato, o hanno tollerato bene la mia presenza, ma volevo di più, volevo combattere al fianco di mio fratello, volevo dimostrargli che insieme potevamo superare tutto. Ho continuato nonostante certe volte fosse dura, ragazzi e coach hanno apprezzato permettendomi di fare anche contatto con loro. E’ stato stupendo sentirsi trattare come un compagno di squadra!! Ovviamente non potevo giocare le partite poi, un giorno, il coach Ciro mi ha parlato di Valeria Vismara e del progetto Furie e mi sono allenata al massimo per arrivare più che pronta al mio incontro “furioso”.

USD – Cosa si prova a indossare la maglia delle Furie?
AM – La maglia non è solo una divisa è un simbolo dell’unione che lega le une alle altre; non mi sento solo un membro dello stesso gruppo, ma parte di una famiglia.
Ogni volta che la indosso, mi sento orgogliosa di essere una Furia e provo un forte senso di lealtà e rispetto. Durante il periodo dell’infortunio, ogni giorno guardavo quella maglia appesa e nei momenti più bui mi dava la forza per risollevarmi, mi ricordava il motivo di tanta fatica e impegno e tracciava la mia personale goal line.

USD – Finalmente in campo e subito nella storia del football, raccontaci il primo Td
AM – Durante i mesi dell’infortunio ho fantasticato spesso riguardo a come sarebbe stato il mio ritorno in campo. Ho sognato ad occhi aperti i primi passi sul campo, le azioni, i contatti con avversari sempre più forti. Un fullback sogna sempre di spianare la strada al suo runningback fino alla goal line ma raramente di portarci la palla lui stesso; è il mio lavoro: aprire la strada e proteggere chi corre dietro di me. Poi Domenica, il coach chiama una corsa del fullback in un buco centrale e mi ricordo che mi sono solo detta “Aly non pensare solo a picchiare, ricordati la palla e poi spingi sulle gambe come se non ci fosse un domani” e così ho fatto finchè non mi hanno placcata. Mi sono rialzata e sono tornata in huddle chiedendo lo schema per la prossima azione, poi ho sentito l’arbitro che chiedeva: “Da uno o da due?”….E solo allora ho pensato: “Ma allora ho segnato, (bip)!”. Ho festeggiato solo dopo la trasformazione di Giorgia.

USD – Come vedi le prossime partite e le avversarie?
AM – Già domenica negli spogliatoi non vedevo l’ora di giocare di nuovo, è la mia malattia, non sono mai sazia! Certo la vittoria fa piacere ma a me interessa solo giocare, giocare dando il 100% per le mie compagne. Sul campo mi diverto, quando sento le cascate mi esalto, voglio e cerco il contatto, mi fa sentire viva e mi metterò sempre tra le mie compagne e le avversarie per proteggerle. Ho conosciuto diverse ragazze delle altre squadre, le trovo simpatiche e già le ritengo delle grandi perché hanno deciso di praticare lo sport che amo. Prometto loro che non mi risparmierò per nessuna proprio perchè le rispetto e, se non andassi al massimo delle mie possibilità, significherebbe non considerare il lavoro che hanno fatto fino adesso e l’impegno che ci mettono.

USD – A chi dedichi il primo touchdown della storia?
AM – Ho dedicato questo touchdown a due persone molto speciali per me, che sono legate anche al numero di maglia che porto. Con una purtroppo non potrò festeggiare ma so che mi stava guardando e spero sia fiero di me. All’altra devo la mia preparazione fisica e il supporto psicologico che mi ha dato nel momento più difficile quando, un anno fa, mi sono rotta il legamento crociato non potendo giocare la prima partita con la maglia delle Furie, partita che avevo aspettato davvero da troppo tempo.
Ma in seconda battuta, lo devo dedicare a chiunque mi sia stato vicino e mi abbia sopportato nel periodo dell’infortunio. Alle mie compagne che mi hanno fatta sentire sempre e comunque parte della squadra. Infine a tutte le ragazze che come me palpitano per giocare a questo sport, lo dedico a loro perché è la nostra vittoria comune: “Ragazze ce l’abbiamo fatta, abbiamo il nostro campionato, ora teniamocelo stretto e dimostriamo quanto valiamo! In bocca al lupo a tutte”.

SD – Ufficio Stampa Daemons

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